Il libro così inteso rappresenta noi stessi, la nostra vita, l’insieme delle esperienze e delle possibilità. Il progetto Illusioni nasce come evoluzione di un precedente lavoro sui testi sacri, nel quale il verbo rappresentava una componente sine qua non dell’opera d’arte, mentre qui a emergere è la fisicità dell’opera-libro, creato partendo da quelle che sono le sue componenti essenziali (talvolta dalla sola indorsatura, a volte dalle semplici pagine vuote o dal solo titolo), in un chiaro e palese richiamo alla sua funzione didascalica, che si arricchisce però di spessore grazie alla forza intrinseca della parola e delle immagini utilizzate.
Le parole scelte sono parole greche perché è in Grecia che nasce la filosofia, cioè la ricerca del sapere, e adottando parole greche l’artista vuole creare l’illusione di tornare agli esordi del pensiero e della sua formazione, alla nascita del pensiero come atto d’amore e atto creativo.
Ecco pertanto il ritorno dell’importanza della parola come segno, simbolo e gesto, elementi che da sempre caratterizzano le opere di Stefano Marocchi. Il segno è l’insieme di significato e significante: significante è la forma fisica, significato è il concetto sotteso al segno o simbolo grafico. La parola “simbolo” che deriva dal greco “sùmbolon” (segno) assume pertanto per l’artista il valore primordiale della comunicazione, in un’evoluzione non solo apparente, mediante la quale il verbo diventa sostanza, materia intrinseca del simbolo/significante e veicolo essa stessa di un’arte che fonde metafisico e materico nella stessa tela.
Un progetto che gioca quindi sul filo del materico e del metafisico, del temporale e dello spirituale, dell’abbandono al fluire del pensiero e dell’improvviso controllo sulla ragione, della trasgressione e dell’ortodossia, in un continuo e perpetuo rimando all’illusione come specchio dell’anima, del suo turbamento e del suo inesorabile mutamento.